L’Affresco della Strage dell’11 Aprile 1848 all’interno della Chiesa Parrocchiale
Un’opera d’arte che racconta la memoria di Castelnuovo, tra dolore, fede e monito per il futuro

La storia
Nel 1848, Castelnuovo è entrato con un doloroso avvenimento nella Storia d'Italia.
La prima guerra per l'Indipendenza, infatti, ha segnato molte famiglie del nostro capoluogo, in quell'11 aprile, allorché le truppe austriache misero a ferro e fuoco il paese, seminando lutto e dolore con efferate atrocità.
Don Tommaso Netti, nel sui libro “Castelnuovo e gli austriaci nel 1848” ne ha reso documentata testimonianza, a memoria delle future generazioni.
Gaetano Miolato
Con un documento ancor più vivo, toccante ed eloquente, anche il pittore veronese Gaetano Miolato, nato nel 1885, autore di pregevoli lavori nelle chiese veronesi, quali Sant’Eufemia a Verona, ha lasciato una traccia significativa di quella strage che ha diffuso un'eco di pietà e sgomento in tutta la provincia veronese e anche nella vicina Lombardia.

Se la storia è “maestra di vita”, come dice Cicerone nel suo “De Oratore”, sottolineando come gli eventi storici possano fornire preziose lezioni per affrontare le sfide e le decisioni della vita, sia a livello individuale che collettivo, il messaggio lasciato attraverso eloquenti pennellate da Miolato sulla parete ovest della Chiesa parrocchiale di Castelnuovo rappresenta certamente un monito ed un insegnamento per il nostro agire nel presente e per costruire un futuro migliore.
L’affresco
L'opera è collocata in alto, a sinistra, fra i due vecchi confessionali e racconta del drammatico eccidio costato la vita a più di cento persone, uomini, donne e bambini inermi e inorriditi di fronte alla ferocia dei soldati in atto di puntare contro di loro i fucili.
Sullo sfondo campeggiano i simboli del paese: sul colle, la Torre viscontea e, più in basso, la Chiesa di Santa Maria profanata e derubata di preziosi arredi ed oggetti sacri dagli autori dell'efferata impresa.
Proprio in chiesa si erano rifugiati alcuni paesani, ritenendolo un luogo sicuro: forse speravano che le truppe avrebbero risparmiato il luogo di culto, ma non fu così.
Le fiamme si levano nel cielo minacciose, simbolo di distruzione e morte, mentre una donna fugge disperata, portando con sé i suoi piccoli, simbolo dei pochi che sono riusciti a sfuggire alla strage.

Una vite ed una botte, sovrastate da dolci e ordinati filari, emblema del rigoglioso territorio che fondava per lo più sulla attività agricola la sua economia, campeggiano in primo piano nell'opera di Miolato.
Sulla collina a lato del Castello si erge la Croce, elemento che lega la sofferenza di Cristo a quella di una Comunità ferita dall'atrocità della strage, ma rappresenta anche un luogo simbolo del paese: il Monte Riccino, ora Monte Alto, un'altura situata a nord dell'abitato, dove ora sorge la scuola secondaria.
Per avere contezza della portata della strage, basti pensare che solo 30 case, delle oltre 170 che costituivano il nucleo centrale del paese, rimasero in piedi.
Il dipinto originale e la sua rimozione
Questo affresco è un libro aperto sulla storia per chi, come me, frequentava la Chiesa parrocchiale fin da bambino. Spesso si guardava a quel soggetto con una certa paura, con soggezione è vero, ma si aveva anche una documentazione iconica eloquente dei racconti che i maestri proponevano sui luoghi della strage, qui egregiamente raffigurati e accentrati in un'opera di grande valore artistico e pedagogico.
A dare ancor più rilievo al messaggio dell'affresco erano i colori, così decisi, così inquietanti anche, che spiccavano sul muro.
Fu probabilmente questo uno dei motivi che, negli anni '60 del '900, indusse il parroco dell'epoca Monsignor Vittorino Miola, a proporre un referendum per ricoprire l'opera con una mano di calce. Un provvedimento impietoso e certamente sbrigativo, che portò i fedeli ad esprimersi per la rimozione di quel soggetto così forte dalla parete di un luogo sacro.
Ora, rispetto all'originale, i toni cromatici risultano smorzati ed attenuati, le sfumature più delicate, l'insieme meno drammatico.
Per fortuna però, prima della sua cancellazione, il maestro Bruno Girelli, abile pittore castelnovese recentemente scomparso, ne realizzò una copia, conservata in Municipio, che ci consente di apprezzare in tutta la sua ricchezza cromatica la versione originale del lavoro.
La riconsegna alla Comunità
Nel 1998, in occasione delle celebrazioni per il 150° Anniversario della Strage dell'11 aprile 1848, l'affresco è stato riportato alla luce, ma la calce usata per ricoprirlo aveva ormai danneggiato in maniera irreversibile la sua ricchezza cromatica.
Il colore è svanito, ma la memoria rimane: come documento storico e come monito a costruire la pace attraverso azioni inclusive, attraverso il dialogo, attraverso il rispetto per la dignità umana che sempre va difesa e promossa.
Mai come in questi giorni la Storia ci è maestra.
