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5
April
2025

XI Aprile 1848: la strage da non dimenticare

“Alcuni dicono che queste cose non si dovrebbero narrare …” [Carlo Botta – Storia d’Italia, tomo 2]

Andrea Mosconi
Andrea Mosconi
Chiara Trotti
Chiara Trotti

L'11 aprile 1848 è una data tragica nella storia di Castelnuovo del Garda. In quel giorno, durante la Prima Guerra d'Indipendenza italiana, si consumò una battaglia cruenta, seguita da un massacro che vide coinvolti anche numerosi nostri concittadini, tra cui donne e bambini.

Contesto storico

Primavera del 1848: tanti tumulti scuotono l’Europa, dalla Sicilia a Parigi. In Italia dopo le famose 5 giornate di Milano, il Piemonte, guidato da Carlo Alberto, dichiara guerra all'Impero austriaco. L'obiettivo era liberare il nord Italia dal dominio austriaco e unificare il paese. È la Prima Guerra d'Indipendenza.

In questo contesto, Castelnuovo del Garda, situato in una posizione strategica tra le fortezze di Peschiera e Verona, diventa un punto di passaggio per le truppe piemontesi.

Alcune battaglie

La battaglia più significativa della Prima guerra d’Indipendenza, fu la Battaglia di Santa Lucia (6 maggio 1848), combattuta nei pressi delle mura di Verona. Le truppe piemontesi, guidate da Carlo Alberto, tentarono di conquistare la città, ma furono respinte dalle forze austriache del feldmaresciallo Radetzky.

Particolare da "La Battaglia di Santa Lucia" [www.comune.torino.it/canaleturismo/risorgimento/webapp/ battaglie/index.html, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19125145]

Un'altra battaglia rilevante fu quella di Pastrengo (30 aprile 1848), quando il re di Sardegna inviò il 2º corpo d'armata del suo esercito contro gli austriaci del maresciallo Radetzky che tenevano la riva destra dell'Adige presso Pastrengo, poco a nord di Verona.

Resistenza inaspettata

L'11 aprile 1848, Castelnuovo era presidiata da poco più di 400 volontari lombardi e veneti, mentre gli austriaci, guidati dal generale Thurn und Taxis, si avvicinavano con una forza di circa 3.000 uomini.

Le truppe austriache si aspettavano di trovare poca resistenza a Castelnuovo. Tuttavia, i volontari lombardi e veneti, nonostante l'inferiorità numerica, combatterono con coraggio e inflissero perdite significative agli austriaci. Questa inattesa resistenza, unita probabilmente a precedenti esperienze di guerriglia e disordini nel territorio circostante, in cui anche i civili erano coinvolti nell’uccisione di soldati austriaci, ha contribuito ad alimentare la rabbia e il risentimento delle truppe austriache.

Proclama del Feld Maresciallo Radetzky all'indomani della strage di Castelnuovo

È importante considerare il clima di violenza che caratterizzava quel periodo storico. La Prima Guerra d'Indipendenza era un conflitto aspro, segnato da atrocità da entrambe le parti. Inoltre il feldmaresciallo Radetzky, aveva adottato una politica di repressione molto dura nei confronti dei movimenti di indipendenza italiani. In diverse occasioni, aveva autorizzato o tollerato azioni di rappresaglia contro le popolazioni civili, considerate complici o sostenitrici dei ribelli.

Il massacro

La battaglia si trasformò in un massacro quando le truppe austriache, in preda alla rabbia per la resistenza incontrata, dopo un intenso bombardamento riuscirono a riprendere il paese e iniziarono a uccidere anche i civili, compresi donne e bambini. La violenza fu tale che la battaglia e i giorni successivi passarono alla storia per il numero di vittime innocenti.

Copia su tela conservata in Sala Civica 11 Aprile 1848 dell'Affresco di Gaetano Miolato raffigurante la Strage di Castelnuovo presso la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Nascente

[Sul tema ricordiamo l'articolo "L'11 Aprile 1948 di Castelnuovo" di Emilia Bressanelli (https://www.casadeicittadini.it/notizie-progetti/l11-aprile-1948-di-castelnuovo)].

L’11 Aprile 1848 oggi

Fino a qui la storia di quei tragici eventi, ma oggi quali tracce rimangono a Castelnuovo?

In realtà più di quelle a cui normalmente pensiamo.

  • La chiesa parrocchiale, colpita e danneggiata dalle cannonate dell’esercito austro ungarico, conserva al proprio interno un grande affresco, realizzato nel 1924 da Gaetano Miolato ricorda, con grande drammaticità, i momenti della battaglia e della strage.
  • La piazza della strage, che ricorda la brutalità degli avvenimenti
  • La farmacia Cavattoni (l’edificio porta ancora la scritta sopra l’ ingresso) dove alcuni cittadini inermi si erano rifugiati e che, una volta usciti, furono trucidati insieme al farmacista
  • Il “Campanon” nel Brolo che durante la battaglia fece sentire incessantemente i propri rintocchi.
Il "Campanon" si trova oggi nel parco pubblico "el brol de le Melanie"
  • La piazza del rogo, dove i corpi furono bruciati, anche per evitare il contagio.
  • Il monumento, di fronte alla farmacia Cavattoni. Eretto nel 2008, in occasione del 160°anniversario della strage, su progetto dell’architetto Paolo Zoppi, realizzato con lastre di marmo di Carrara.
  • La sala consiliare, intitolata XI aprile 1848, perché questo era il nome del vecchio “asilo” di Castelnuovo che qui si trovava.
Monumento alla Strage dell'11 Aprile 1848 eretto nel 2008, in occasione del 160°anniversario della strage - Opera della Scultrice Veronica Fonzo su progetto dell'Arch Paolo Zoppi

Però la domanda vera che dobbiamo farci è questa: cosa rimane veramente nella memoria collettiva e come possiamo conservarla, anzi alimentarla?

Ogni anno si svolgono manifestazioni aperte a tutta la cittadinanza, si rende onore ai caduti e ai monumenti, le autorità civili e militari pronunciano discorsi, sono presenti anche i ragazzi del C.C.R., Consiglio Comunale dei Ragazzi.

Certamente Castelnuovo rende ogni anno onore ai propri caduti.

La memoria, come una fiamma, va alimentata in caso contrario si trasforma in un vago ricordo e piano piano si spegne.

La scuola può sicuramente svolgere un ruolo importante: sia nella secondaria di primo che di secondo grado sarebbe opportuno inserire nelle 33 ore di educazione civica annuali un modulo sulla storia del nostro paese, con una passeggiata per andare a visitare i luoghi; l’autonomia scolastica lo consente e sarebbe sicuramente utile per le nuove generazioni.

La storia si può studiare sicuramente attraverso i grandi eventi, si possono e si devono descrivere gli scontri, i conflitti, gli accordi successivi ma c’è un altro filone più intimo: ci sono le storie delle persone coinvolte, vittime innocenti di conflitti tra le diverse potenze.

Frontespizio del testo di don Tommaso Netti

Ed ecco allora il farmacista Cavattoni che cerca di dare rifugio ad alcune persone inermi e per questo viene ucciso, c’è la madre, ritratta nell’affresco della chiesa, che fugge con i propri figli, e c’è don Antonio Oliosi, un vero martire, un anziano aiutante del parroco che viene prima incarcerato a Verona e poi deportato a Salisburgo muore di stenti nei sobborghi della città.

Mi chiedo inoltre se nel nostro XXI secolo, momento in cui l’Europa cerca affannosamente una strada per la propria unità non sia il caso di trovare in questa tragedia spunti non per sottolineare i contrasti di allora ma piuttosto occasione di incontro fra popoli che si riconoscono ormai indissolubilmente legati.

Giusto quindi studiare il passato, ricordare le sofferenze di chi a Castelnuovo ci ha preceduto ma fondamentale trovare spunti di riflessione sul nostro presente.

5
April
2025

XI Aprile 1848: la strage da non dimenticare

“Alcuni dicono che queste cose non si dovrebbero narrare …” [Carlo Botta – Storia d’Italia, tomo 2]

Andrea Mosconi
Andrea Mosconi
Chiara Trotti
Chiara Trotti

🤝 Collaboratori

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📝 Descrizione del Progetto

L'11 aprile 1848 è una data tragica nella storia di Castelnuovo del Garda. In quel giorno, durante la Prima Guerra d'Indipendenza italiana, si consumò una battaglia cruenta, seguita da un massacro che vide coinvolti anche numerosi nostri concittadini, tra cui donne e bambini.

Contesto storico

Primavera del 1848: tanti tumulti scuotono l’Europa, dalla Sicilia a Parigi. In Italia dopo le famose 5 giornate di Milano, il Piemonte, guidato da Carlo Alberto, dichiara guerra all'Impero austriaco. L'obiettivo era liberare il nord Italia dal dominio austriaco e unificare il paese. È la Prima Guerra d'Indipendenza.

In questo contesto, Castelnuovo del Garda, situato in una posizione strategica tra le fortezze di Peschiera e Verona, diventa un punto di passaggio per le truppe piemontesi.

Alcune battaglie

La battaglia più significativa della Prima guerra d’Indipendenza, fu la Battaglia di Santa Lucia (6 maggio 1848), combattuta nei pressi delle mura di Verona. Le truppe piemontesi, guidate da Carlo Alberto, tentarono di conquistare la città, ma furono respinte dalle forze austriache del feldmaresciallo Radetzky.

Particolare da "La Battaglia di Santa Lucia" [www.comune.torino.it/canaleturismo/risorgimento/webapp/ battaglie/index.html, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19125145]

Un'altra battaglia rilevante fu quella di Pastrengo (30 aprile 1848), quando il re di Sardegna inviò il 2º corpo d'armata del suo esercito contro gli austriaci del maresciallo Radetzky che tenevano la riva destra dell'Adige presso Pastrengo, poco a nord di Verona.

Resistenza inaspettata

L'11 aprile 1848, Castelnuovo era presidiata da poco più di 400 volontari lombardi e veneti, mentre gli austriaci, guidati dal generale Thurn und Taxis, si avvicinavano con una forza di circa 3.000 uomini.

Le truppe austriache si aspettavano di trovare poca resistenza a Castelnuovo. Tuttavia, i volontari lombardi e veneti, nonostante l'inferiorità numerica, combatterono con coraggio e inflissero perdite significative agli austriaci. Questa inattesa resistenza, unita probabilmente a precedenti esperienze di guerriglia e disordini nel territorio circostante, in cui anche i civili erano coinvolti nell’uccisione di soldati austriaci, ha contribuito ad alimentare la rabbia e il risentimento delle truppe austriache.

Proclama del Feld Maresciallo Radetzky all'indomani della strage di Castelnuovo

È importante considerare il clima di violenza che caratterizzava quel periodo storico. La Prima Guerra d'Indipendenza era un conflitto aspro, segnato da atrocità da entrambe le parti. Inoltre il feldmaresciallo Radetzky, aveva adottato una politica di repressione molto dura nei confronti dei movimenti di indipendenza italiani. In diverse occasioni, aveva autorizzato o tollerato azioni di rappresaglia contro le popolazioni civili, considerate complici o sostenitrici dei ribelli.

Il massacro

La battaglia si trasformò in un massacro quando le truppe austriache, in preda alla rabbia per la resistenza incontrata, dopo un intenso bombardamento riuscirono a riprendere il paese e iniziarono a uccidere anche i civili, compresi donne e bambini. La violenza fu tale che la battaglia e i giorni successivi passarono alla storia per il numero di vittime innocenti.

Copia su tela conservata in Sala Civica 11 Aprile 1848 dell'Affresco di Gaetano Miolato raffigurante la Strage di Castelnuovo presso la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Nascente

[Sul tema ricordiamo l'articolo "L'11 Aprile 1948 di Castelnuovo" di Emilia Bressanelli (https://www.casadeicittadini.it/notizie-progetti/l11-aprile-1948-di-castelnuovo)].

L’11 Aprile 1848 oggi

Fino a qui la storia di quei tragici eventi, ma oggi quali tracce rimangono a Castelnuovo?

In realtà più di quelle a cui normalmente pensiamo.

  • La chiesa parrocchiale, colpita e danneggiata dalle cannonate dell’esercito austro ungarico, conserva al proprio interno un grande affresco, realizzato nel 1924 da Gaetano Miolato ricorda, con grande drammaticità, i momenti della battaglia e della strage.
  • La piazza della strage, che ricorda la brutalità degli avvenimenti
  • La farmacia Cavattoni (l’edificio porta ancora la scritta sopra l’ ingresso) dove alcuni cittadini inermi si erano rifugiati e che, una volta usciti, furono trucidati insieme al farmacista
  • Il “Campanon” nel Brolo che durante la battaglia fece sentire incessantemente i propri rintocchi.
Il "Campanon" si trova oggi nel parco pubblico "el brol de le Melanie"
  • La piazza del rogo, dove i corpi furono bruciati, anche per evitare il contagio.
  • Il monumento, di fronte alla farmacia Cavattoni. Eretto nel 2008, in occasione del 160°anniversario della strage, su progetto dell’architetto Paolo Zoppi, realizzato con lastre di marmo di Carrara.
  • La sala consiliare, intitolata XI aprile 1848, perché questo era il nome del vecchio “asilo” di Castelnuovo che qui si trovava.
Monumento alla Strage dell'11 Aprile 1848 eretto nel 2008, in occasione del 160°anniversario della strage - Opera della Scultrice Veronica Fonzo su progetto dell'Arch Paolo Zoppi

Però la domanda vera che dobbiamo farci è questa: cosa rimane veramente nella memoria collettiva e come possiamo conservarla, anzi alimentarla?

Ogni anno si svolgono manifestazioni aperte a tutta la cittadinanza, si rende onore ai caduti e ai monumenti, le autorità civili e militari pronunciano discorsi, sono presenti anche i ragazzi del C.C.R., Consiglio Comunale dei Ragazzi.

Certamente Castelnuovo rende ogni anno onore ai propri caduti.

La memoria, come una fiamma, va alimentata in caso contrario si trasforma in un vago ricordo e piano piano si spegne.

La scuola può sicuramente svolgere un ruolo importante: sia nella secondaria di primo che di secondo grado sarebbe opportuno inserire nelle 33 ore di educazione civica annuali un modulo sulla storia del nostro paese, con una passeggiata per andare a visitare i luoghi; l’autonomia scolastica lo consente e sarebbe sicuramente utile per le nuove generazioni.

La storia si può studiare sicuramente attraverso i grandi eventi, si possono e si devono descrivere gli scontri, i conflitti, gli accordi successivi ma c’è un altro filone più intimo: ci sono le storie delle persone coinvolte, vittime innocenti di conflitti tra le diverse potenze.

Frontespizio del testo di don Tommaso Netti

Ed ecco allora il farmacista Cavattoni che cerca di dare rifugio ad alcune persone inermi e per questo viene ucciso, c’è la madre, ritratta nell’affresco della chiesa, che fugge con i propri figli, e c’è don Antonio Oliosi, un vero martire, un anziano aiutante del parroco che viene prima incarcerato a Verona e poi deportato a Salisburgo muore di stenti nei sobborghi della città.

Mi chiedo inoltre se nel nostro XXI secolo, momento in cui l’Europa cerca affannosamente una strada per la propria unità non sia il caso di trovare in questa tragedia spunti non per sottolineare i contrasti di allora ma piuttosto occasione di incontro fra popoli che si riconoscono ormai indissolubilmente legati.

Giusto quindi studiare il passato, ricordare le sofferenze di chi a Castelnuovo ci ha preceduto ma fondamentale trovare spunti di riflessione sul nostro presente.

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