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10
April
2020

Una passeggiata nella nostra storia – 11 Aprile 1848

Emilia Bressanelli
Emilia Bressanelli

11 Aprile, una data importante per la nostra comunità, Castelnuovo del Garda, e una ricorrenza che non deve essere dimenticata, che soprattutto le giovani generazioni devono conoscere, quale eredità preziosa dei Padri, sulla quale costruire il domani migliore.

Da maestra e insegnante di Lettere prima, e da dirigente scolastica, successivamente, per molti anni ho cercato di contribuire a tener viva la memoria dei fatti del 1848, che coinvolsero tristemente il nostro paese, nella convinzione che la Storia, “magistra vitae”, abbia un ruolo fondamentale nella formazione della persona e nell'approccio ad ogni situazione che la vita presenterà nel suo scorrere.

Così, con gli alunni che hanno affrontato sui banchi di scuola la storia del Risorgimento, ho spesso approfondito testi e documenti fondamentali, spesso rispolverati e ristampati a cura di Amministratori sensibili, e aggiornati da parte di cultori di storia locale, per fornire ai giovani una traccia della storia, e delle storie nella storia, che hanno coinvolto in maniera drammatica e indelebile personaggi ed intere famiglie della nostra Comunità.

Ora che la pensione mi lascia più tempo, mi sarebbe piaciuto, come già è avvenuto in occasione di qualche particolare anniversario (1988, 1998, 2008), organizzare una passeggiata nei luoghi della memoria, per orientare i miei possibili compagni di viaggio, ma anche per dare ai molti nuovi concittadini, che si sono trasferiti solo recentemente nella nostra “gentil cittadina”, qualche notizia e qualche spunto che li aiuti ad inserirsi in maniera più consapevole e partecipe nel nuovo tessuto sociale.

Le restrizioni del momento non mi consentono di dare spazio a questo desiderio. Ma la tecnologia che ci permette di sentirci vicini, pur osservando il distanziamento sociale imposto dal Coronavirus in questa primavera del 2020, il 172° anniversario della distruzione e della Strage di Castelnuovo, mi offre la possibilità di condividere un “passeggiata virtuale”, come mi ha suggerito di fare l’amico ing. Bernardi, già sindaco del paese per due mandati, attraverso le tappe più significative ed i momenti più toccanti di un percorso nelle strade della memoria.

Per chi voglia poi approfondire, magari per qualche curioso studente, troverete alcuni link nel testo ed indicherò alcune fonti di riferimento, utili ad una più puntuale ripresa degli studi che molti hanno intrapreso con grande amore di Patria.

Iniziamo dunque la nostra passeggiata storica.

Il contesto storico e gli antefatti

Il 1848 fu un anno importantissimo per la storia del Risorgimento.

Per la prima volta, l’Italia si oppone agli oppressori esterni ed interni, con moti popolari, che obbligano i principi a concedere riforme costituzionali, in attesa dell’indipendenza, sulla scia delle insurrezioni che si accendono nei diversi paesi europei.

Nei giorni precedenti i tragici fatti di Castelnuovo, era infatti accaduto che, dopo l’insurrezione dei patrioti milanesi nelle cinque giornate di Milano (18/22 marzo) e la successiva dichiarazione di guerra di Carlo Alberto contro l’Austria (23 marzo 1848), le truppe austriache, guidate dal generale Radetzky, incalzate dall'esercito piemontese, fossero state costrette ad abbandonare quasi tutta la Lombardia e ad accamparsi sulla sponda sinistra del Mincio e a Verona.

I Piemontesi, nei giorni immediatamente precedenti l’11 Aprile, avevano conquistato Goito, Ponti, Monzambano e Borghetto e si preparavano allo scontro, mentre la colonna guidata dal generale Bes puntava sulla fortezza di Peschiera che con Legnago, Mantova e Verona era parte del “quadrilatero”.

La prima guerra d'indipendenza: Le fortezze del Quadrilatero

La sensazione diffusa nei militari e nella popolazione era che il vecchio comandante in capo, Radetzky, non fosse più all'altezza della situazione, che bastasse poco a far cadere Peschiera e che la guerra si avviasse ad un rapido e positivo epilogo.

In questo clima, i volontari dei Corpi Franchi, insediati a Salò e comandati dal bergamasco Luciano Manara, protagonista dell’insurrezione di Milano, decisero di affiancare l’opera delle truppe regolari, impegnate nella presa di Peschiera, per tagliare la ritirata degli austriaci verso il Tirolo.

Il 10 Aprile, lunedì, 450 volontari, guidati dal genovese Noaro, sbarcarono a Cisano ed alcuni di loro raggiunsero Pacengo; dal campanile del paese poterono verificare che l’attacco di Peschiera non era ancora cominciato ad opera dei piemontesi.

I volontari avevano assoluto bisogno di polvere da sparo e la decisione è immediata: un gruppo di volontari fiancheggia la collina della Cadalora e si impadronisce della polveriera (la stessa custodiva 582 barili di polvere e moltissime cartucce a palla).

Il Noaro nella notte arriva a Castelnuovo, insedia il suo comando in Canonica, con grande preoccupazione del parroco, don Felice Perlato, mentre si costruiscono nel paese alcune barricate e si organizzarono turni di vedetta sulla torre viscontea.

Prospetto Sud-Ovest della Torre Viscontea (arch. Giorgio Forti)

La mattina di quello stesso giorno, un vecchio prete, don Giò Batta Testa, collaboratore del parroco Don Perlato, si era recato a dir messa ai Ronchi; avendo sentito dire che nella zona erano presenti dei volontari di Manara, scelse per il ritorno a Castelnuovo la via più breve, passando dalla Cadalora e dalla località Polveriera, vicina alla località Confine.

Notato da soldati austriaci, era stato fatto oggetto di alcuni colpi da parte di un soldato, che poi era fuggito a Verona, portando la notizia dell’assalto alla polveriera da parte dei volontari guidati, a suo dire, da un vecchio prete.

Il giorno seguente, quando gli austriaci giungeranno in Castelnuovo, il secondo cooperatore del parroco, don Antonio Oliosi, verrà scambiato per il Testa, che invece nel frattempo si era messo in salvo.

Don Oliosi verrà catturato e seviziato, morirà di stenti l’8 giugno a Salisburgo, mentre veniva deportato verso Vienna, come diremo più tardi.

A Castelnuovo, frattanto, la sera del 10 Aprile, si avverte il pericolo nell'aria: gran parte della popolazione si dà alla fuga, con familiari, bestie e masserizie, e cerca di mettersi in salvo presso parenti nei paesi vicini.

Quella stessa notte, il calesse del capitano del genio Alfredo Beimann, ospite della contessa Maffei Calcagnini di Cavalcaselle, viene visto passare, diretto verso Verona, sede del quartier generale austriaco, di gran carriera. Evidentemente doveva portare le ultime notizie.

Forse a Radetzky premeva il controllo di questo paese situato in posizione strategica, forse voleva dare un segnale, facendo terra bruciata, ai paesi veneti; certamente era stato messo a conoscenza dell’esiguo numero di abitanti ancora in paese. Ciò nonostante, organizzò contro Castelnuovo una spedizione che si mostrerà numericamente sproporzionata, al comando del Maggior Generale  Wilhelm Thurn und Taxis (circa 3000 soldati contro i volontari, per lo più studenti e professionisti inesperti e non avvezzi all'ordine)!

Suo intendimento era punire i paesani che avevano eretto barricate, nonché il Clero che si riteneva aizzasse le popolazioni.

La distruzione e la strage - Piazza della Strage

Il nostro percorso, inizia da Piazza della Strage, alla sommità della salita dei Testi (quartiere Motta, all'epoca dei fatti). Guardiamo la torre campanaria, con i merli che svettano nel cielo di Aprile, la vecchia casa sede della Farmacia Cavattoni, alla confluenza con via Manara, sulla quale una lapide ricorda l’eccidio, e ancora il brolo, ora verdeggiante parco comunale, la Chiesa parrocchiale affiancata dal campanile romanico.

Chiesa di Santa Maria Nascente - A destra il campanile romanico

Alle ore 14 dell’11 Aprile, le sentinelle dislocate sull'altura della Croce papale (eretta nel 1782 a ricordo dell’incontro di Papa Pio VI con l’Imperatore Giuseppe II, che si recò a Vienna con la popolazione castelnovese, danno l'allarme. Il Taxis, giunto in località Albarel, sta accerchiando infatti da stradine secondarie il paese, affrontando dal Tione i volontari che si raccolgono a difesa. Dalla torre il campanon suona a martello, i pochi volontari si riuniscono, imbracciano i fucili per organizzare una difesa, inutile purtroppo! Dalle fragili barricate, dai vigneti, da alcune case, inizia un’accanita resistenza: a palazzo Angelini e al Monte Alto si combatte una battaglia senza storia. Fino alla Torre viscontea, ultimo baluardo, poi è un parapiglia, gente che si dà alla fuga, qualcuno che si rifugia nelle case, alcune donne in Chiesa, confidando nel rispetto per il luogo da parte degli austriaci.

Una colonna austriaca assale l’abitato, altre due l’accerchiano lateralmente, la disparità delle forze in campo grande. Le truppe austriache sono ben armate, organizzate, desiderose di saccheggiare. Dalla Croce papale inizia intanto il lancio di razzi incendiari ed interviene l’artiglieria, che dà inizio alla distruzione del paese; i razzi erano di lunga gittata e forniti di bomba esplosiva munita di pallettoni.

Chi veniva colpito, moriva “carbonato” cioè bruciato fra atroci dolori, come racconta don Tommaso Netti nel suo “Castelnuovo e gli Austriaci nel 1848”. Immaginiamo le conseguenze per il paese: solai in legno, fienili, stalle, legnaie … tutto bruciava! Per giorni l’incendio continua, l’80% delle case viene distrutto…

Niente e nessuno viene risparmiato. Tutto il paese è coinvolto nello scontro: ogni contrada, da est a ovest e a nord viene distrutta. Un paese intero, anzi i resti di un paese, si dà alla fuga: barelle, fagotti, capre, mucche, bambini e anziani, scappano verso Sandrà e Colà. Si compiono sugli inermi abitanti rimasti atrocità raccapriccianti, stupri e saccheggi. Tra i tanti episodi di indicibile efferatezza, uno si compì proprio davanti alla casa Cavattoni, sede di una delle due farmacie del paese, situata fra la Chiesa e Via Testi, nell'area dove ora ci troviamo, che ora porta il nome di PIAZZA DELLA STRAGE.

Portale della Farmacia Cavattoni attigua al luogo della Strage

Nella casa di Lorenzo Cavattoni, si erano rifugiate una quindicina di persone, per lo più donne e bambini. I rifugiati sentirono bussare alla porta, era il capitano Mauller, un amico del farmacista. Vana la speranza di essere risparmiati. I rifugiati vengono fatti uscire, solo due si trattengono in casa e poi riusciranno a fuggire giù al Tionello. I poveri malcapitati vengono schierati fra due ali di soldati lungo il pendio del colle della torre, la moglie del farmacista intuisce l’atrocità che si prepara ed urla. Viene fatta allontanare, ma il volto del capitano si fa beffardo e scarica i colpi della sua pistola nel petto del marito, il dottor Cavattoni. Segue, a questo segnale, la carneficina: i soldati sparano, tutti stramazzano a terra, e chi grida è finito a colpi di baionetta. L'Angelini ricorda che molte donne, violentate, furono poi portate a Verona, vendute e fatte prostituire!

E intanto i cannoni continuano a sparare dalla Croce Papale. Vengono colpite anche una colonna della Torre viscontea e la campana maggiore, che verrà saldata nel 1965. In quest’epoca a Castelnuovo ci sono 4 sacerdoti: Don Perlato, il Parroco; Don Cipriani, il curato; Don Oliosi coadiutore, e Don Testa, cappellano di Villa Cossali (ora Sella). I primi due si chiudono in chiesa, con alcuni parrocchiani, convinti che il luogo sacro, inviolabile, sarebbe stato risparmiato. Ma non ci fu alcun rispetto: oggetti sacri, preziosi, denaro nascosto sotto il pavimento in legno, niente si salva dalla furia dei soldati. Viene sfondato il tabernacolo della Chiesa, profanate le particole, incendiati gli archivi, tutto. Il parroco fugge. Furono bruciate 116 case su 172, quasi tutte quelle del centro del paese: si salvarono quelle dei quartieri di campagna: Testi, Qualarga …

el Campanon suonò a martello per dare l'allarme - Ora ricorda l'11 Aprile 1848 per parco del brolo

E il campanon continuava a suonare, chiedendo aiuto ai lontani! Non è possibile che il Manara, che si trovava a Lazise, in attesa dei cannoni piemontesi, non vedesse l’incendio, non sentisse i cannoni. Gli Austriaci erano esacerbati, e tutto per colpa di quelle teste calde di cittadini insorti e di preti!!! Bisognava sparare su tutti, fare terra bruciata, dare una lezione. Don Antonio Oliosi, l’anziano collaboratore, come abbiamo anticipato, viene fatto prigioniero, imprigionato a Castelvecchio, in Verona e qui sottoposto ad inenarrabili atrocità. Morì nel tragitto verso Vienna, dove stava per essere deportato, in prossimità di Salisburgo.

Palazzo Cossali (ora Sella)

Scendiamo dalla discesa dei testi, fino a Villa Cossali, di fronte alla quale ora si trova il Polo scolastico…. La soldataglia raggiunge proprio qui l’espressione più alta della sua crudeltà e depravazione la sera dell’11 Aprile, mentre il paese è in fiamme. Alcuni soldati entrano nella casa di un bracciante presso la villa padronale, e lì un capitano del reggimento Piret ordina ai presenti di preparargli una polenta. Appena i contadini, spaventati e disorientati, la rivoltano sulla panara (la tafferia), l’ufficiale la taglia a fette con la sciabola ancora sanguinante ed obbliga i presenti, terrorizzati, a mangiarla.

M.E. Ferrari - Eccidio di Castelnuovo

Il saccheggio e le angherie continuarono anche il mattino del 12 Aprile, San Zeno.

27 prigionieri vennero condotti, dopo averli lasciati al freddo tutta la notte, legati e senza cibo, a Verona. Qui i soldati vengono accolti trionfalmente dai commilitoni; al loro seguito un prete, il nostro don Antonio Oliosi, vecchio ed in cattive condizioni di salute.

Tanto accanimento contro persone inermi si può spiegare solo con l’ubriachezza, il disprezzo per la vita, la bestialità che certamente hanno preso il sopravvento e fatto sfuggire di mano la situazione. Non a caso, il governo di Vienna, prese in seguito le distanze dall'eccidio, attribuendone la colpa solamente all'aiutante di campo del generale Taxis, tanto era di origine veronese!

Il Rogo - Piazza del Rogo

Risaliamo fino alla Chiesa, e ci dirigiamo oltre la canonica in direzione est, verso la strada che conduce a Sandrà, la Vecchia napoleonica, ora via Brennero, per soffermarci in un altro sito che merita il nostro ricordo e la nostra pietà: la Piazza del rogo.

A Castelnuovo, ai primi che vi giunsero dopo la distruzione e l’eccidio, si presentò uno scenario apocalittico: corpi schiacciati, bruciati, anneriti, cadaveri profanati con violenza, rivoli di sangue e un tanfo indescrivibile: urgeva una bonifica sanitaria. Fu dato incarico al dottor Palazzieri di Sandrà di sovrintendere all'accatastamento e alla bruciatura, per motivi di igiene, dei resti di circa 120 cadaveri nello slargo fra via Trento e via Gaio, appunto chiamata poi Piazza del Rogo.

L’affresco che ricordava il triste evento, fu realizzato da Rino Saoncella di Terrazzo, negli anni 30 del 900.

Capitello in Piazza del Rogo restaurato in occasione del 150° anniversario

In occasione del 150 anniversario della Strage, il Capitello esistente, ormai mal ridotto, fu rifatto ad imperitura memoria con epitaffio del Netti.

Torniamo ora verso la Chiesa parrocchiale ricordando il calvario ed il dolore dei paesani, così come ce lo rimandava, fino agli anni‘50, (io stessa ne ho buona memoria, quando mi recavo in Chiesa) un significativo affresco all'interno.

L'affresco del Miolato e le memorie di ieri e di oggi

Nel 1924 fu realizzato da Gaetano Miolato, veronese, un grande affresco sul lato sinistro della Chiesa parrocchiale a ricordo della strage. Lo stesso fu donato al parroco, don Piazzi, per il 50° di sacerdozio. Negli anni 50, Don Vittorino Miola ebbe lo scrupolo che il dipinto fosse troppo violento, e decise di eliminarlo, dopo un referendum tra i fedeli.

Nel 1998, in occasione del 150 anniversario della strage, l’amministrazione comunale e il Consiglio Pastorale si adoperarono per il suo recupero. La restituzione del lavoro ai castelnovesi fu impoverita nei colori sbiaditi dei soggetti, essendo il lavoro stato ricoperto con calce!

La perizia degli abili restauratori, comunque, ci permette ancora oggi di “leggere” il terrore e la paura nei volti inermi dei personaggi e la barbarie dei soldati. Nel dipinto si nota, fra gli altri particolari, una donna la cui identità è controversa, che fugge con quattro bambini. Si dice si fosse rifugiata con i piccoli dentro una botte al Pozzetto, in una cantina. I soldati, entrati, fortunatamente per lei trovarono subito il vino sparando ad un’altra botte e nell'andarsene diedero fuoco alla casa. La poveretta, spaventata, uscì disperata; fu vista, ma fu risparmiata: forse l’unico episodio di pietà in tanta efferata crudeltà.

Gaetano Miolato - Affresco realizzato sul lato Ovest della Chiesa di Santa Maria Nascente

L’affresco originale rivive in due grandi copie: due tempere realizzate dall'artista e maestro castelnovese Bruno Girelli, conservate l’una in Chiesa nel corridoio di ingresso destro, e l’altra nella sala municipale.

A perenne ricordo della strage furono intitolate all'11 Aprile 1848 la Scuola dell’infanzia, una via del paese e la sala consiliare ricavata nella sede dell’ex asilo nel 2008, 160° anniversario della Strage, dall'amministrazione Bernardi. È verosimile che altri abitanti e volontari vittime della strage siano stati sepolti anche in fosse comuni o in luoghi diversi. Ad avvalorare questa ipotesi il fatto che, nel corso dei lavori di realizzazione dell’acquedotto negli anni 50 in via Manara e di scavi in via Gaio, furono rinvenute ossa umane.

Il dramma di Castelnuovo colpì profondamente l’opinione pubblica italiana, e subito si aprirono sottoscrizioni in favore degli sventurati ed incolpevoli paesani: da Milano vennero inviati arredi sacri e viveri. Lo stesso Carlo Alberto, di passaggio dal paese l’8 maggio, fece dono di una grossa somma di denaro al Parroco per la ricostruzione. Fu costituita un’apposita Commissione per aiutare gli abitanti, gli orfani, le vedove, i vecchi, bisognosi di tutto.

Conclusioni

Giunti quasi alla fine del nostro percorso conoscitivo, sorge forse spontanea una domanda: perché tanto silenzio sui fatti del 1848 a Castelnuovo?

Perché i libri di storia non ne parlano?

Molteplici motivi, di carattere storico, politico, opportunistico, celarono la memoria della Strage e le atrocità commesse: il Risorgimento, momento troppo importante per la Storia dell’Unità d'Italia, non poteva essere oscurato da episodi, spesso attribuiti a “fatterelli” opera di “irresponsabili volontari” e teste calde. Per non dire del martirio di Don Oliosi: scomodo alla Curia, che lo lasciò solo, e scomodo a chi non voleva fare del prete un martire. Noi certo ci apprestiamo a ricordare con devozione e gratitudine questa ricorrenza: il sacrificio dei nostri padri torna ad essere monito per noi e per i nostri figli: sappiamo essere costruttori di pace, di rapporti autentici, di fratellanza e di solidarietà. Mai, come in questi giorni, avvertiamo l’importanza di riferimenti e valori solidi e la lezione della Storia si fa, ancora una volta, insegnamento morale e di vita:

“Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate. Il mondo è bello e santo è l’avvenir.” - Giosue’ Carducci - (Giambi ed Epodi)

Fonti:

  • Don Tommaso Netti “Castelnuovo e gli austriaci nel 1848”, Verona ,1888
  • Mario Ercole Villa, “11 Aprile 1848 - Il combattimento di Castelnuovo narrato dagli Austriaci” - documenti e commenti, Torino 1998
  • “Inno a Castelnuovo” Musica del m.° Dionigio Canestrari - testo di Don Augusto Corsi, 1924
  • Mario Sella - Ivano Residori “La Chiesa di S. Maria in Castelnuovo del Garda”, Castelnuovo ,1988
  • M.o Sergio Girardi “Castelnuovo e il suo ’48”, raccolta di atti e documenti Castelnuovo del Garda, 1998 centocinquantesimo anniversario

10
April
2020

Una passeggiata nella nostra storia – 11 Aprile 1848

Emilia Bressanelli
Emilia Bressanelli

🤝 Collaboratori

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📝 Descrizione del Progetto

11 Aprile, una data importante per la nostra comunità, Castelnuovo del Garda, e una ricorrenza che non deve essere dimenticata, che soprattutto le giovani generazioni devono conoscere, quale eredità preziosa dei Padri, sulla quale costruire il domani migliore.

Da maestra e insegnante di Lettere prima, e da dirigente scolastica, successivamente, per molti anni ho cercato di contribuire a tener viva la memoria dei fatti del 1848, che coinvolsero tristemente il nostro paese, nella convinzione che la Storia, “magistra vitae”, abbia un ruolo fondamentale nella formazione della persona e nell'approccio ad ogni situazione che la vita presenterà nel suo scorrere.

Così, con gli alunni che hanno affrontato sui banchi di scuola la storia del Risorgimento, ho spesso approfondito testi e documenti fondamentali, spesso rispolverati e ristampati a cura di Amministratori sensibili, e aggiornati da parte di cultori di storia locale, per fornire ai giovani una traccia della storia, e delle storie nella storia, che hanno coinvolto in maniera drammatica e indelebile personaggi ed intere famiglie della nostra Comunità.

Ora che la pensione mi lascia più tempo, mi sarebbe piaciuto, come già è avvenuto in occasione di qualche particolare anniversario (1988, 1998, 2008), organizzare una passeggiata nei luoghi della memoria, per orientare i miei possibili compagni di viaggio, ma anche per dare ai molti nuovi concittadini, che si sono trasferiti solo recentemente nella nostra “gentil cittadina”, qualche notizia e qualche spunto che li aiuti ad inserirsi in maniera più consapevole e partecipe nel nuovo tessuto sociale.

Le restrizioni del momento non mi consentono di dare spazio a questo desiderio. Ma la tecnologia che ci permette di sentirci vicini, pur osservando il distanziamento sociale imposto dal Coronavirus in questa primavera del 2020, il 172° anniversario della distruzione e della Strage di Castelnuovo, mi offre la possibilità di condividere un “passeggiata virtuale”, come mi ha suggerito di fare l’amico ing. Bernardi, già sindaco del paese per due mandati, attraverso le tappe più significative ed i momenti più toccanti di un percorso nelle strade della memoria.

Per chi voglia poi approfondire, magari per qualche curioso studente, troverete alcuni link nel testo ed indicherò alcune fonti di riferimento, utili ad una più puntuale ripresa degli studi che molti hanno intrapreso con grande amore di Patria.

Iniziamo dunque la nostra passeggiata storica.

Il contesto storico e gli antefatti

Il 1848 fu un anno importantissimo per la storia del Risorgimento.

Per la prima volta, l’Italia si oppone agli oppressori esterni ed interni, con moti popolari, che obbligano i principi a concedere riforme costituzionali, in attesa dell’indipendenza, sulla scia delle insurrezioni che si accendono nei diversi paesi europei.

Nei giorni precedenti i tragici fatti di Castelnuovo, era infatti accaduto che, dopo l’insurrezione dei patrioti milanesi nelle cinque giornate di Milano (18/22 marzo) e la successiva dichiarazione di guerra di Carlo Alberto contro l’Austria (23 marzo 1848), le truppe austriache, guidate dal generale Radetzky, incalzate dall'esercito piemontese, fossero state costrette ad abbandonare quasi tutta la Lombardia e ad accamparsi sulla sponda sinistra del Mincio e a Verona.

I Piemontesi, nei giorni immediatamente precedenti l’11 Aprile, avevano conquistato Goito, Ponti, Monzambano e Borghetto e si preparavano allo scontro, mentre la colonna guidata dal generale Bes puntava sulla fortezza di Peschiera che con Legnago, Mantova e Verona era parte del “quadrilatero”.

La prima guerra d'indipendenza: Le fortezze del Quadrilatero

La sensazione diffusa nei militari e nella popolazione era che il vecchio comandante in capo, Radetzky, non fosse più all'altezza della situazione, che bastasse poco a far cadere Peschiera e che la guerra si avviasse ad un rapido e positivo epilogo.

In questo clima, i volontari dei Corpi Franchi, insediati a Salò e comandati dal bergamasco Luciano Manara, protagonista dell’insurrezione di Milano, decisero di affiancare l’opera delle truppe regolari, impegnate nella presa di Peschiera, per tagliare la ritirata degli austriaci verso il Tirolo.

Il 10 Aprile, lunedì, 450 volontari, guidati dal genovese Noaro, sbarcarono a Cisano ed alcuni di loro raggiunsero Pacengo; dal campanile del paese poterono verificare che l’attacco di Peschiera non era ancora cominciato ad opera dei piemontesi.

I volontari avevano assoluto bisogno di polvere da sparo e la decisione è immediata: un gruppo di volontari fiancheggia la collina della Cadalora e si impadronisce della polveriera (la stessa custodiva 582 barili di polvere e moltissime cartucce a palla).

Il Noaro nella notte arriva a Castelnuovo, insedia il suo comando in Canonica, con grande preoccupazione del parroco, don Felice Perlato, mentre si costruiscono nel paese alcune barricate e si organizzarono turni di vedetta sulla torre viscontea.

Prospetto Sud-Ovest della Torre Viscontea (arch. Giorgio Forti)

La mattina di quello stesso giorno, un vecchio prete, don Giò Batta Testa, collaboratore del parroco Don Perlato, si era recato a dir messa ai Ronchi; avendo sentito dire che nella zona erano presenti dei volontari di Manara, scelse per il ritorno a Castelnuovo la via più breve, passando dalla Cadalora e dalla località Polveriera, vicina alla località Confine.

Notato da soldati austriaci, era stato fatto oggetto di alcuni colpi da parte di un soldato, che poi era fuggito a Verona, portando la notizia dell’assalto alla polveriera da parte dei volontari guidati, a suo dire, da un vecchio prete.

Il giorno seguente, quando gli austriaci giungeranno in Castelnuovo, il secondo cooperatore del parroco, don Antonio Oliosi, verrà scambiato per il Testa, che invece nel frattempo si era messo in salvo.

Don Oliosi verrà catturato e seviziato, morirà di stenti l’8 giugno a Salisburgo, mentre veniva deportato verso Vienna, come diremo più tardi.

A Castelnuovo, frattanto, la sera del 10 Aprile, si avverte il pericolo nell'aria: gran parte della popolazione si dà alla fuga, con familiari, bestie e masserizie, e cerca di mettersi in salvo presso parenti nei paesi vicini.

Quella stessa notte, il calesse del capitano del genio Alfredo Beimann, ospite della contessa Maffei Calcagnini di Cavalcaselle, viene visto passare, diretto verso Verona, sede del quartier generale austriaco, di gran carriera. Evidentemente doveva portare le ultime notizie.

Forse a Radetzky premeva il controllo di questo paese situato in posizione strategica, forse voleva dare un segnale, facendo terra bruciata, ai paesi veneti; certamente era stato messo a conoscenza dell’esiguo numero di abitanti ancora in paese. Ciò nonostante, organizzò contro Castelnuovo una spedizione che si mostrerà numericamente sproporzionata, al comando del Maggior Generale  Wilhelm Thurn und Taxis (circa 3000 soldati contro i volontari, per lo più studenti e professionisti inesperti e non avvezzi all'ordine)!

Suo intendimento era punire i paesani che avevano eretto barricate, nonché il Clero che si riteneva aizzasse le popolazioni.

La distruzione e la strage - Piazza della Strage

Il nostro percorso, inizia da Piazza della Strage, alla sommità della salita dei Testi (quartiere Motta, all'epoca dei fatti). Guardiamo la torre campanaria, con i merli che svettano nel cielo di Aprile, la vecchia casa sede della Farmacia Cavattoni, alla confluenza con via Manara, sulla quale una lapide ricorda l’eccidio, e ancora il brolo, ora verdeggiante parco comunale, la Chiesa parrocchiale affiancata dal campanile romanico.

Chiesa di Santa Maria Nascente - A destra il campanile romanico

Alle ore 14 dell’11 Aprile, le sentinelle dislocate sull'altura della Croce papale (eretta nel 1782 a ricordo dell’incontro di Papa Pio VI con l’Imperatore Giuseppe II, che si recò a Vienna con la popolazione castelnovese, danno l'allarme. Il Taxis, giunto in località Albarel, sta accerchiando infatti da stradine secondarie il paese, affrontando dal Tione i volontari che si raccolgono a difesa. Dalla torre il campanon suona a martello, i pochi volontari si riuniscono, imbracciano i fucili per organizzare una difesa, inutile purtroppo! Dalle fragili barricate, dai vigneti, da alcune case, inizia un’accanita resistenza: a palazzo Angelini e al Monte Alto si combatte una battaglia senza storia. Fino alla Torre viscontea, ultimo baluardo, poi è un parapiglia, gente che si dà alla fuga, qualcuno che si rifugia nelle case, alcune donne in Chiesa, confidando nel rispetto per il luogo da parte degli austriaci.

Una colonna austriaca assale l’abitato, altre due l’accerchiano lateralmente, la disparità delle forze in campo grande. Le truppe austriache sono ben armate, organizzate, desiderose di saccheggiare. Dalla Croce papale inizia intanto il lancio di razzi incendiari ed interviene l’artiglieria, che dà inizio alla distruzione del paese; i razzi erano di lunga gittata e forniti di bomba esplosiva munita di pallettoni.

Chi veniva colpito, moriva “carbonato” cioè bruciato fra atroci dolori, come racconta don Tommaso Netti nel suo “Castelnuovo e gli Austriaci nel 1848”. Immaginiamo le conseguenze per il paese: solai in legno, fienili, stalle, legnaie … tutto bruciava! Per giorni l’incendio continua, l’80% delle case viene distrutto…

Niente e nessuno viene risparmiato. Tutto il paese è coinvolto nello scontro: ogni contrada, da est a ovest e a nord viene distrutta. Un paese intero, anzi i resti di un paese, si dà alla fuga: barelle, fagotti, capre, mucche, bambini e anziani, scappano verso Sandrà e Colà. Si compiono sugli inermi abitanti rimasti atrocità raccapriccianti, stupri e saccheggi. Tra i tanti episodi di indicibile efferatezza, uno si compì proprio davanti alla casa Cavattoni, sede di una delle due farmacie del paese, situata fra la Chiesa e Via Testi, nell'area dove ora ci troviamo, che ora porta il nome di PIAZZA DELLA STRAGE.

Portale della Farmacia Cavattoni attigua al luogo della Strage

Nella casa di Lorenzo Cavattoni, si erano rifugiate una quindicina di persone, per lo più donne e bambini. I rifugiati sentirono bussare alla porta, era il capitano Mauller, un amico del farmacista. Vana la speranza di essere risparmiati. I rifugiati vengono fatti uscire, solo due si trattengono in casa e poi riusciranno a fuggire giù al Tionello. I poveri malcapitati vengono schierati fra due ali di soldati lungo il pendio del colle della torre, la moglie del farmacista intuisce l’atrocità che si prepara ed urla. Viene fatta allontanare, ma il volto del capitano si fa beffardo e scarica i colpi della sua pistola nel petto del marito, il dottor Cavattoni. Segue, a questo segnale, la carneficina: i soldati sparano, tutti stramazzano a terra, e chi grida è finito a colpi di baionetta. L'Angelini ricorda che molte donne, violentate, furono poi portate a Verona, vendute e fatte prostituire!

E intanto i cannoni continuano a sparare dalla Croce Papale. Vengono colpite anche una colonna della Torre viscontea e la campana maggiore, che verrà saldata nel 1965. In quest’epoca a Castelnuovo ci sono 4 sacerdoti: Don Perlato, il Parroco; Don Cipriani, il curato; Don Oliosi coadiutore, e Don Testa, cappellano di Villa Cossali (ora Sella). I primi due si chiudono in chiesa, con alcuni parrocchiani, convinti che il luogo sacro, inviolabile, sarebbe stato risparmiato. Ma non ci fu alcun rispetto: oggetti sacri, preziosi, denaro nascosto sotto il pavimento in legno, niente si salva dalla furia dei soldati. Viene sfondato il tabernacolo della Chiesa, profanate le particole, incendiati gli archivi, tutto. Il parroco fugge. Furono bruciate 116 case su 172, quasi tutte quelle del centro del paese: si salvarono quelle dei quartieri di campagna: Testi, Qualarga …

el Campanon suonò a martello per dare l'allarme - Ora ricorda l'11 Aprile 1848 per parco del brolo

E il campanon continuava a suonare, chiedendo aiuto ai lontani! Non è possibile che il Manara, che si trovava a Lazise, in attesa dei cannoni piemontesi, non vedesse l’incendio, non sentisse i cannoni. Gli Austriaci erano esacerbati, e tutto per colpa di quelle teste calde di cittadini insorti e di preti!!! Bisognava sparare su tutti, fare terra bruciata, dare una lezione. Don Antonio Oliosi, l’anziano collaboratore, come abbiamo anticipato, viene fatto prigioniero, imprigionato a Castelvecchio, in Verona e qui sottoposto ad inenarrabili atrocità. Morì nel tragitto verso Vienna, dove stava per essere deportato, in prossimità di Salisburgo.

Palazzo Cossali (ora Sella)

Scendiamo dalla discesa dei testi, fino a Villa Cossali, di fronte alla quale ora si trova il Polo scolastico…. La soldataglia raggiunge proprio qui l’espressione più alta della sua crudeltà e depravazione la sera dell’11 Aprile, mentre il paese è in fiamme. Alcuni soldati entrano nella casa di un bracciante presso la villa padronale, e lì un capitano del reggimento Piret ordina ai presenti di preparargli una polenta. Appena i contadini, spaventati e disorientati, la rivoltano sulla panara (la tafferia), l’ufficiale la taglia a fette con la sciabola ancora sanguinante ed obbliga i presenti, terrorizzati, a mangiarla.

M.E. Ferrari - Eccidio di Castelnuovo

Il saccheggio e le angherie continuarono anche il mattino del 12 Aprile, San Zeno.

27 prigionieri vennero condotti, dopo averli lasciati al freddo tutta la notte, legati e senza cibo, a Verona. Qui i soldati vengono accolti trionfalmente dai commilitoni; al loro seguito un prete, il nostro don Antonio Oliosi, vecchio ed in cattive condizioni di salute.

Tanto accanimento contro persone inermi si può spiegare solo con l’ubriachezza, il disprezzo per la vita, la bestialità che certamente hanno preso il sopravvento e fatto sfuggire di mano la situazione. Non a caso, il governo di Vienna, prese in seguito le distanze dall'eccidio, attribuendone la colpa solamente all'aiutante di campo del generale Taxis, tanto era di origine veronese!

Il Rogo - Piazza del Rogo

Risaliamo fino alla Chiesa, e ci dirigiamo oltre la canonica in direzione est, verso la strada che conduce a Sandrà, la Vecchia napoleonica, ora via Brennero, per soffermarci in un altro sito che merita il nostro ricordo e la nostra pietà: la Piazza del rogo.

A Castelnuovo, ai primi che vi giunsero dopo la distruzione e l’eccidio, si presentò uno scenario apocalittico: corpi schiacciati, bruciati, anneriti, cadaveri profanati con violenza, rivoli di sangue e un tanfo indescrivibile: urgeva una bonifica sanitaria. Fu dato incarico al dottor Palazzieri di Sandrà di sovrintendere all'accatastamento e alla bruciatura, per motivi di igiene, dei resti di circa 120 cadaveri nello slargo fra via Trento e via Gaio, appunto chiamata poi Piazza del Rogo.

L’affresco che ricordava il triste evento, fu realizzato da Rino Saoncella di Terrazzo, negli anni 30 del 900.

Capitello in Piazza del Rogo restaurato in occasione del 150° anniversario

In occasione del 150 anniversario della Strage, il Capitello esistente, ormai mal ridotto, fu rifatto ad imperitura memoria con epitaffio del Netti.

Torniamo ora verso la Chiesa parrocchiale ricordando il calvario ed il dolore dei paesani, così come ce lo rimandava, fino agli anni‘50, (io stessa ne ho buona memoria, quando mi recavo in Chiesa) un significativo affresco all'interno.

L'affresco del Miolato e le memorie di ieri e di oggi

Nel 1924 fu realizzato da Gaetano Miolato, veronese, un grande affresco sul lato sinistro della Chiesa parrocchiale a ricordo della strage. Lo stesso fu donato al parroco, don Piazzi, per il 50° di sacerdozio. Negli anni 50, Don Vittorino Miola ebbe lo scrupolo che il dipinto fosse troppo violento, e decise di eliminarlo, dopo un referendum tra i fedeli.

Nel 1998, in occasione del 150 anniversario della strage, l’amministrazione comunale e il Consiglio Pastorale si adoperarono per il suo recupero. La restituzione del lavoro ai castelnovesi fu impoverita nei colori sbiaditi dei soggetti, essendo il lavoro stato ricoperto con calce!

La perizia degli abili restauratori, comunque, ci permette ancora oggi di “leggere” il terrore e la paura nei volti inermi dei personaggi e la barbarie dei soldati. Nel dipinto si nota, fra gli altri particolari, una donna la cui identità è controversa, che fugge con quattro bambini. Si dice si fosse rifugiata con i piccoli dentro una botte al Pozzetto, in una cantina. I soldati, entrati, fortunatamente per lei trovarono subito il vino sparando ad un’altra botte e nell'andarsene diedero fuoco alla casa. La poveretta, spaventata, uscì disperata; fu vista, ma fu risparmiata: forse l’unico episodio di pietà in tanta efferata crudeltà.

Gaetano Miolato - Affresco realizzato sul lato Ovest della Chiesa di Santa Maria Nascente

L’affresco originale rivive in due grandi copie: due tempere realizzate dall'artista e maestro castelnovese Bruno Girelli, conservate l’una in Chiesa nel corridoio di ingresso destro, e l’altra nella sala municipale.

A perenne ricordo della strage furono intitolate all'11 Aprile 1848 la Scuola dell’infanzia, una via del paese e la sala consiliare ricavata nella sede dell’ex asilo nel 2008, 160° anniversario della Strage, dall'amministrazione Bernardi. È verosimile che altri abitanti e volontari vittime della strage siano stati sepolti anche in fosse comuni o in luoghi diversi. Ad avvalorare questa ipotesi il fatto che, nel corso dei lavori di realizzazione dell’acquedotto negli anni 50 in via Manara e di scavi in via Gaio, furono rinvenute ossa umane.

Il dramma di Castelnuovo colpì profondamente l’opinione pubblica italiana, e subito si aprirono sottoscrizioni in favore degli sventurati ed incolpevoli paesani: da Milano vennero inviati arredi sacri e viveri. Lo stesso Carlo Alberto, di passaggio dal paese l’8 maggio, fece dono di una grossa somma di denaro al Parroco per la ricostruzione. Fu costituita un’apposita Commissione per aiutare gli abitanti, gli orfani, le vedove, i vecchi, bisognosi di tutto.

Conclusioni

Giunti quasi alla fine del nostro percorso conoscitivo, sorge forse spontanea una domanda: perché tanto silenzio sui fatti del 1848 a Castelnuovo?

Perché i libri di storia non ne parlano?

Molteplici motivi, di carattere storico, politico, opportunistico, celarono la memoria della Strage e le atrocità commesse: il Risorgimento, momento troppo importante per la Storia dell’Unità d'Italia, non poteva essere oscurato da episodi, spesso attribuiti a “fatterelli” opera di “irresponsabili volontari” e teste calde. Per non dire del martirio di Don Oliosi: scomodo alla Curia, che lo lasciò solo, e scomodo a chi non voleva fare del prete un martire. Noi certo ci apprestiamo a ricordare con devozione e gratitudine questa ricorrenza: il sacrificio dei nostri padri torna ad essere monito per noi e per i nostri figli: sappiamo essere costruttori di pace, di rapporti autentici, di fratellanza e di solidarietà. Mai, come in questi giorni, avvertiamo l’importanza di riferimenti e valori solidi e la lezione della Storia si fa, ancora una volta, insegnamento morale e di vita:

“Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate. Il mondo è bello e santo è l’avvenir.” - Giosue’ Carducci - (Giambi ed Epodi)

Fonti:

  • Don Tommaso Netti “Castelnuovo e gli austriaci nel 1848”, Verona ,1888
  • Mario Ercole Villa, “11 Aprile 1848 - Il combattimento di Castelnuovo narrato dagli Austriaci” - documenti e commenti, Torino 1998
  • “Inno a Castelnuovo” Musica del m.° Dionigio Canestrari - testo di Don Augusto Corsi, 1924
  • Mario Sella - Ivano Residori “La Chiesa di S. Maria in Castelnuovo del Garda”, Castelnuovo ,1988
  • M.o Sergio Girardi “Castelnuovo e il suo ’48”, raccolta di atti e documenti Castelnuovo del Garda, 1998 centocinquantesimo anniversario

Documenti di riferimento

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