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21
February
2021

Non chiamatelo Recovery Fund

Cosa c’è da sapere sull’argomento più discusso in questo periodo

Silvia Fiorio
Silvia Fiorio

La crisi politica che ha portato alla formazione di un governo tecnico con Mario Draghi alla guida, ha sicuramente come concausa il cosiddetto Recovery Fund. Una espressione che, nella sua semplicità, non riesce a raccogliere la vera essenza del progetto dell’Unione Europea per il sostegno agli Stati membri e il rilancio dell’economia.

L’emergenza sanitaria ha devastato molti settori lavorativi, ma dall’Europa arrivano segnali forti che puntano al passaggio ad una nuova generazione.

Giuramento del Governo Draghi - 13 febbraio 2021

Arriva la Next Generation EU

I Paesi dell’Unione Europea hanno lavorato per trovare una soluzione ai problemi causati dall’epidemia mondiale di COVID-19 e, per rilanciare al meglio l’economia, si è deciso di ricorrere alla Banca Centrale Europea (BCE) con il piano PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) che consiste nell’acquisto di titoli pubblici e privati per un totale di 1850 miliardi complessivi.

Il secondo strumento messo in moto è il Next Generation EU, volto a finanziare la ripresa economica del vecchio continente nel triennio 2021-2023, con l’emissione di titoli di Stato europei (Recovery bond). Da qui il nome Recovery Fund, associato ai piani nazionali dedicati ai progetti di riforma strutturali (Recovery Plan).

E’ un piano da 750 miliardi con cui, per la prima volta, i Paesi dell’Unione hanno deciso di creare un debito comune. Infatti, questo Next Generation EU sarà finanziato per la maggior parte con l’emissione di titoli sui mercati da parte della Commissione Europea.

La parola chiave è resilienza

L’Italia è uno dei soggetti maggiormente sostenuti a causa dell’impatto che l’epidemia ha avuto sul nostro Paese, e il nuovo Governo potrà sfruttare 209 miliardi di euro (su 750 totali per tutti i paesi dell’Unione) per cercare di risollevare e rilanciare l’economia e dare un aiuto efficace a sostegno degli investimenti privati. In Italia il Recovery Plan è stato chiamato “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR) e si focalizza in particolare sulla Riforma fiscale (a partire dal Family Act e dalla Riforma IRPEF), sulla digitalizzazione e sulla transizione verde.

Le sei missioni individuate sono state inviate alle Camere e le linee guida trattano:

  1. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo e la Pubblica Amministrazione, l’istruzione, la Sanità e il Fisco;
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica;
  3. Infrastrutture, per la mobilità e le telecomunicazioni, con la realizzazione di una Rete nazionale in fibra ottica, lo sviluppo delle reti 5G e l’Alta Velocità;
  4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
  5. Equità sociale, di genere e territoriale, con focus sulle politiche attive del lavoro e sul piano per il Sud;
  6. Salute.

Gli obiettivi che l’Italia punta a raggiungere con le misure contenute nel PNRR sono:

  • ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica;
  • raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia italiana, dallo 0,8% dell’ultimo decennio all’1,6%, in linea con la media UE;
  • aumentare gli investimenti pubblici almeno al 3% del PIL;
  • far crescere la spesa per Ricerca e Sviluppo (R&S) dall’attuale 1.3% al 2,1%, al di sopra della media UE;
  • portare il tasso di occupazione al 73,2%, in linea con la media UE, contro l’attuale 63%;
  • innalzare gli indicatori di benessere, equità e sostenibilità ambientale;
  • ridurre i divari territoriali di reddito, occupazione, dotazione infrastrutturale e livello dei servizi pubblici;
  • aumentare l’aspettativa di vita in buona salute;
  • migliorare il tasso di natalità e la crescita demografica;
  • ridurre l’abbandono scolastico e l’inattività dei giovani;
  • migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati;
  • rafforzare la sicurezza e la resilienza del Paese nei confronti di calamità naturali, cambiamenti climatici, crisi epidemiche e rischi geopolitici;
  • promuovere filiere agroalimentari sostenibili e combattere gli sprechi alimentari;
  • garantire la sostenibilità e la resilienza della finanza pubblica.

Una grande occasione per ripartire

Con questi fondi, il nostro Paese ha uno strumento forte per continuare a finanziare (e velocizzare) progetti in essere (65,7 miliardi), dare il via a nuovi progetti e incentivare investimenti privati (pari al 21%), con un impegno del 70% delle risorse entro il 2023 e il rimanente 30% entro il 2025. Il nuovo Governo Draghi ha il compito adesso di gestire al meglio questi fondi, per passare veramente ad una nuova generazione fatta di benessere, innovazione e valorizzazione del territorio e della società tutta.

21
February
2021

Non chiamatelo Recovery Fund

Cosa c’è da sapere sull’argomento più discusso in questo periodo

Silvia Fiorio
Silvia Fiorio

🤝 Collaboratori

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📝 Descrizione del Progetto

La crisi politica che ha portato alla formazione di un governo tecnico con Mario Draghi alla guida, ha sicuramente come concausa il cosiddetto Recovery Fund. Una espressione che, nella sua semplicità, non riesce a raccogliere la vera essenza del progetto dell’Unione Europea per il sostegno agli Stati membri e il rilancio dell’economia.

L’emergenza sanitaria ha devastato molti settori lavorativi, ma dall’Europa arrivano segnali forti che puntano al passaggio ad una nuova generazione.

Giuramento del Governo Draghi - 13 febbraio 2021

Arriva la Next Generation EU

I Paesi dell’Unione Europea hanno lavorato per trovare una soluzione ai problemi causati dall’epidemia mondiale di COVID-19 e, per rilanciare al meglio l’economia, si è deciso di ricorrere alla Banca Centrale Europea (BCE) con il piano PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) che consiste nell’acquisto di titoli pubblici e privati per un totale di 1850 miliardi complessivi.

Il secondo strumento messo in moto è il Next Generation EU, volto a finanziare la ripresa economica del vecchio continente nel triennio 2021-2023, con l’emissione di titoli di Stato europei (Recovery bond). Da qui il nome Recovery Fund, associato ai piani nazionali dedicati ai progetti di riforma strutturali (Recovery Plan).

E’ un piano da 750 miliardi con cui, per la prima volta, i Paesi dell’Unione hanno deciso di creare un debito comune. Infatti, questo Next Generation EU sarà finanziato per la maggior parte con l’emissione di titoli sui mercati da parte della Commissione Europea.

La parola chiave è resilienza

L’Italia è uno dei soggetti maggiormente sostenuti a causa dell’impatto che l’epidemia ha avuto sul nostro Paese, e il nuovo Governo potrà sfruttare 209 miliardi di euro (su 750 totali per tutti i paesi dell’Unione) per cercare di risollevare e rilanciare l’economia e dare un aiuto efficace a sostegno degli investimenti privati. In Italia il Recovery Plan è stato chiamato “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR) e si focalizza in particolare sulla Riforma fiscale (a partire dal Family Act e dalla Riforma IRPEF), sulla digitalizzazione e sulla transizione verde.

Le sei missioni individuate sono state inviate alle Camere e le linee guida trattano:

  1. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo e la Pubblica Amministrazione, l’istruzione, la Sanità e il Fisco;
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica;
  3. Infrastrutture, per la mobilità e le telecomunicazioni, con la realizzazione di una Rete nazionale in fibra ottica, lo sviluppo delle reti 5G e l’Alta Velocità;
  4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
  5. Equità sociale, di genere e territoriale, con focus sulle politiche attive del lavoro e sul piano per il Sud;
  6. Salute.

Gli obiettivi che l’Italia punta a raggiungere con le misure contenute nel PNRR sono:

  • ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica;
  • raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia italiana, dallo 0,8% dell’ultimo decennio all’1,6%, in linea con la media UE;
  • aumentare gli investimenti pubblici almeno al 3% del PIL;
  • far crescere la spesa per Ricerca e Sviluppo (R&S) dall’attuale 1.3% al 2,1%, al di sopra della media UE;
  • portare il tasso di occupazione al 73,2%, in linea con la media UE, contro l’attuale 63%;
  • innalzare gli indicatori di benessere, equità e sostenibilità ambientale;
  • ridurre i divari territoriali di reddito, occupazione, dotazione infrastrutturale e livello dei servizi pubblici;
  • aumentare l’aspettativa di vita in buona salute;
  • migliorare il tasso di natalità e la crescita demografica;
  • ridurre l’abbandono scolastico e l’inattività dei giovani;
  • migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati;
  • rafforzare la sicurezza e la resilienza del Paese nei confronti di calamità naturali, cambiamenti climatici, crisi epidemiche e rischi geopolitici;
  • promuovere filiere agroalimentari sostenibili e combattere gli sprechi alimentari;
  • garantire la sostenibilità e la resilienza della finanza pubblica.

Una grande occasione per ripartire

Con questi fondi, il nostro Paese ha uno strumento forte per continuare a finanziare (e velocizzare) progetti in essere (65,7 miliardi), dare il via a nuovi progetti e incentivare investimenti privati (pari al 21%), con un impegno del 70% delle risorse entro il 2023 e il rimanente 30% entro il 2025. Il nuovo Governo Draghi ha il compito adesso di gestire al meglio questi fondi, per passare veramente ad una nuova generazione fatta di benessere, innovazione e valorizzazione del territorio e della società tutta.

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