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10
April
2021

L'11 Aprile 1948 di Castelnuovo

Il racconto appassionato di Paolo Gavattoni

Emilia Bressanelli
Emilia Bressanelli

Lo scorso anno, il lock down imposto dalla grave ondata pandemica ci impedì di effettuare quella “passeggiata/pellegrinaggio” sui luoghi della Strage del 1848, che avremmo voluto fare per recuperare la memoria storica, il ricordo dei nostri morti, i valori trasmessi dal loro sacrificio, per ritrovare le radici della nostra identità.

Allora, il nostro percorso divenne “virtuale”.

Quest’anno, avvicinandosi la data dell’orrenda strage, dobbiamo ancora una volta rinunciare ad una modalità in presenza, ma non vogliamo che la ricorrenza passi senza che ai nostri giovani, ai nostri ragazzi, ai nostri concittadini diamo un contributo per conoscere e approfondire la storia locale.

Il dovere della Memoria

Casa dei Cittadini, particolarmente sensibile al coinvolgimento delle giovani generazioni nell’impegno di Cittadinanza attiva e responsabile, anche in tempi tanto difficili, vuole comunque offrire un contributo formativo, perché la memoria non vada dispersa; anzi, perché sulla memoria si possa costruire un futuro più bello, più giusto, più accogliente.

Certamente recuperare notizie sugli avvenimenti, sugli usi, i costumi, la lingua, la toponomastica di una comunità è fondamentale per prendere coscienza del cammino, spesso costellato di lutti e dolore, che ha segnato la sua storia.

Così abbiamo potuto ricostruire la storia del nostro paese grazie a testimonianze più o meno ufficiali, pubblicazioni e ricerche, documenti, spesso lasciati da grandi figure di educatori che nel tempo, hanno tramandato le loro ricerche e le loro note, quali il maestro Francesco Sembenini, il maestro Marco Castelletti, il maestro Renzo (Giordano) Bressanelli, il maestro Bruno Girelli, il maestro Sergio Girardi, …

Una storia di attaccamento alle proprie radici

Quest’anno, però, ho pensato di ripercorrere la triste storia del 1848 di Castelnuovo avvalendomi di un contributo molto particolare, che ho ricevuto una quindicina d’anni fa da un concittadino da mezzo secolo trasferitosi in Lombardia per motivi di lavoro.

A quel tempo ero la dirigente dell’Istituto Comprensivo di Castelnuovo e con i miei docenti mi apprestavo alla rievocazione della ricorrenza, e nel contempo all’avvio di una ricerca su Alberto Montini, al quale è intitolata la Scuola Secondaria di primo grado. Fu in quel contesto che ebbi una conversazione telefonica con il sig. Paolo Cavattoni, come dicevo residente da cinquant’anni a Cornate d’Adda, che aveva fissato i suoi ricordi di gioventù su fogli dattiloscritti, quasi un diario da trasmettere alle generazioni future.

Copertina del volume su Alberto Montini pubblicato dell'Istituto Comprensivo "Alberto Montini" di Castelnuovo del Garda

Fu un documento prezioso, dal quale vennero estrapolate molte notizie utili alla redazione del volume su Alberto Montini realizzato qualche anno dopo da alcune classi della scuola.

Il sig. Cavattoni non poté mai incontrare personalmente gli studenti ed i docenti, ma pensò di lasciarmi in custodia parte dei suoi appunti, anche di vita quotidiana, certamente utili per ricostruire ambienti, relazioni, paesaggi sui quali si fonda la nostra storia.

Fra questi anche alcuni appunti sui fatti del 1848, così come gli erano stati tramandati dai suoi insegnanti e dai discendenti delle vittime che aveva personalmente conosciuti negli anni giovanili e dagli studi coltivati nell’età matura.

Con grande emozione ho ritrovato riferimenti, luoghi e aneddoti che qui ripropongo attraverso le sue parole, sentendomi quasi investita del dovere morale di farle conoscere.

Un racconto storico appassionato

Scrive il Cavattoni:

… ”L’11 aprile 1848 il paese di Castelnuovo, nel veronese, aveva dovuto subire da parte delle truppe austriache gli orrori di una barbara carneficina, il saccheggio, gli stupri e la quasi totale distruzione delle sue case. Di queste tragiche vicende, si era parlato e scritto molto, allora e nei tempi successivi, data la gravità del fatto.

Io che lì son nato e vissuto per un trentennio, avevo visto i segnali di quegli orrendi giorni. I ruderi di quel palazzo senza tetto, al cui interno crescevano grosse piante, li vedevo sempre mentre, da scolaro, salendo dal Pozzetto passavo per via Gianfilippi; il grande affresco raffigurante quella strage che occupava tutta una parete della Chiesa mi era familiare essendo un assiduo chierichetto; e poi le notizie delle cannonate sparate dalla Croce papale contro la Torre ed il portale della chiesa, le targhe ricordo, le lapidi commemorative, le celebrazioni nelle ricorrenze, i racconti dei vecchi ...”

Affresco di Gaetano Miolato raffigurante la Strage di Castelnuovo presso la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Nascente

… ”Castelnuovo, a quell’epoca, aveva circa 2000 abitanti, 175 case e 15 negozi e offeriva al viandante una piazza di assai comodi alberghi, copiosa di contanti, piena di artieri e di provvigioni, sempre viva e ridente”.

Apparteneva al Quadrilatero, sistema difensivo creato dagli austriaci nel 1815 nel lombardo veneto e basato sulle quattro fortezze di Peschiera, Mantova, Legnago e Verona. Quindi il paese, essendo sull’importante quadrivio che portava a queste località, era sede di truppe stanziali ed in movimento.

Nei giorni precedenti i tragici fatti di Castelnuovo le truppe austriache comandate dal governatore Radetzky, incalzate dall’esercito piemontese, avevano abbandonato la Lombardia e si erano attestate sulla sponda sinistra del Mincio e a Verona.

La sensazione diffusa fra i militari e nella popolazione era che il Radetzky non fosse più all’altezza della situazione e che la guerra si stesse avviando ad un rapido e positivo epilogo.

L’azione dei volontari lombardi

In questo contesto, i volontari dei Corpi Franchi agli ordini del comandante bergamasco Manara, già protagonista dell’insurrezione di Milano decisero di affiancare l’opera delle truppe regolari impegnate nella presa di peschiera con una loro azione per tagliare la ritirata nemica verso il Tirolo.

La mattina del 10 Aprile, 450 volontari guidati dal genovese Noaro, sbarcarono a Cisano, e verso le 19 attaccarono alla baionetta la polveriera che forniva le munizioni a Peschiera e imbarcarono oltre 500 barili di polvere.

Passava di lì, dopo aver celebrato la Messa ai Ronchi, presso la famiglia Bazzoli un vecchio prete, don Giobatta Testa, collaboratore del parroco don Perlato; un asburgico di guardia portò a Verona la notizia dell’assalto dei volontari, guidati da un vecchio prete

Con l’arrivo delle truppe austriache in paese, il giorno dopo, il secondo cooperatore don Antonio Oliosi, fu scambiato per il Testa, brutalmente catturato, seviziato e finì per morire di stenti mentre veniva deportato verso Vienna.

Frattanto il Noaro occupava Castelnuovo con 200 volontari, mentre il Manara mandava altri volontari in attesa dell’arrivo, creduto imminente, dell’esercito piemontese. Qui furono costruite delle solide barricate nei punti strategici.

Rappresaglia d’inaudita ferocia

Ma il sentore del pericolo era nell’aria e la maggior parte della popolazione si era data alla fuga; anche gli amministratori comunali avevano lasciato il paese nel momento del bisogno.

Il maresciallo Radetzky, informato dei fatti, inviò dalla città una colonna di 2500 soldati al comando del principe Taxis, allo scopo di cacciare gli invasori e punire il paese i cui terrazzani si erano prestati alla costruzione di barricate e i ministri della chiesa che fanatizzavano le popolazioni.

Il feldmaresciallo Josef Radetzky (1766 - 1858)

Alle 2 del pomeriggio dell11aprile, le sentinelle appostate sull’altura della Croce Papale davano l’allarme.

La grossa campana a martello annunciava il pericolo incombente suonando a distesa, i patrioti cercarono di imbracciare i fucili per organizzare una difesa. Nel parapiglia generale, molti paesani fuggivano, alcune donne si rifugiavano in chiesa, altri si barricavano nelle case.

Le alture della Croce Papale vennero occupate e da lì, con l’intervento dell’artiglieria e la pioggia di razzi incendiari, ebbe inizio la distruzione del paese.

Una colonna austriaca assalì l’abitato e altre due vi penetrarono. Le truppe asburgiche erano ben armate, disciplinate, esperte di battaglie mentre i 400 patrioti senza cavalli, senza cannoni, inesperti, inetti alle fatiche soccombono facilmente.

Dopo la loro ritirata verso Colà, il paese è in preda alle fiamme e alla furia degli asburgici: delle 175 case solo 32 si salvarono, i morti furono 113 di cui 56 paesani.

Barbarie, violenza, saccheggio, distruzione

Nella vicina casa del farmacista Lorenzo Cavattoni, si erano rifugiati una quindicina di persone, fra le quali il marchese Filippo Gianfilippi. Barbara fu la strage dei rifugiati, compreso lo stesso farmacisti.

La furia delle truppe asburgiche non risparmiò neppure i luoghi di culto: la chiesa fu dissacrata, spogliata di ogni ricchezza e reliquia, commessi tutti i peggiori atti sacrileghi, devastati la sagrestia, l’oratorio e incendiata la casa parrocchiale.

Castelnuovo era un ammasso di macerie e corpi di adulti e fanciulli: il 22 aprile, fu istituita un’apposita Commissione provvisoria per le operazioni di bonifica sanitaria.

Da molte parti d’Italia, ma soprattutto dalla Lombardia, pervennero aiuti in denaro e arredi sacri.

L’8 maggio lo stesso Carlo Alberto volle far visita a quello che rimaneva del florido paese e fece dono personale al Parroco di 20 pezzi da 20 franchi.

Anche se col passare del tempo la tragicità di questi avvenimenti si affievolì com’è nella natura delle cose, Castelnuovo sentì sempre vivo il ricordo civico e morale del ricordo.

Nelle ricorrenze del cinquantenario, del sessantesimo e del centenario vi furono manifestazioni solenni e grandiose. A me fa ancor oggi un forte effetto sentire nomi come ing. Angelini, cav. Badini, don Piazzi, Piazza della Strage, piazza del Rogo, Asilo infantile 11 aprile1848, costato 4000 lire, dove ho passato il primo pezzetto della mia vita.

Anche le manifestazioni del primo centenario mi sono ancora vive nel ricordo, ma penso che la contentezza di quei due giorni di festa fosse dovuto al fatto che eravamo appena usciti dall’incubo di una guerra terribile, scatenata dai discendenti dei distruttori di Castelnuovo.”

Paolo Cavattoni - Cornate d’Adda, Milano - Novembre 2005

Sono grata al Sig. Paolo Cavattoni per avermi ritenuta degna di essere custode dei suoi appunti, ed avrò il piacere di condividere con i lettori altre testimonianze e ricordi, nella consapevolezza che solo attraverso il ricordo e la lezione della storia potremo essere costruttori di un futuro migliore.

10
April
2021

L'11 Aprile 1948 di Castelnuovo

Il racconto appassionato di Paolo Gavattoni

Emilia Bressanelli
Emilia Bressanelli

🤝 Collaboratori

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📝 Descrizione del Progetto

Lo scorso anno, il lock down imposto dalla grave ondata pandemica ci impedì di effettuare quella “passeggiata/pellegrinaggio” sui luoghi della Strage del 1848, che avremmo voluto fare per recuperare la memoria storica, il ricordo dei nostri morti, i valori trasmessi dal loro sacrificio, per ritrovare le radici della nostra identità.

Allora, il nostro percorso divenne “virtuale”.

Quest’anno, avvicinandosi la data dell’orrenda strage, dobbiamo ancora una volta rinunciare ad una modalità in presenza, ma non vogliamo che la ricorrenza passi senza che ai nostri giovani, ai nostri ragazzi, ai nostri concittadini diamo un contributo per conoscere e approfondire la storia locale.

Il dovere della Memoria

Casa dei Cittadini, particolarmente sensibile al coinvolgimento delle giovani generazioni nell’impegno di Cittadinanza attiva e responsabile, anche in tempi tanto difficili, vuole comunque offrire un contributo formativo, perché la memoria non vada dispersa; anzi, perché sulla memoria si possa costruire un futuro più bello, più giusto, più accogliente.

Certamente recuperare notizie sugli avvenimenti, sugli usi, i costumi, la lingua, la toponomastica di una comunità è fondamentale per prendere coscienza del cammino, spesso costellato di lutti e dolore, che ha segnato la sua storia.

Così abbiamo potuto ricostruire la storia del nostro paese grazie a testimonianze più o meno ufficiali, pubblicazioni e ricerche, documenti, spesso lasciati da grandi figure di educatori che nel tempo, hanno tramandato le loro ricerche e le loro note, quali il maestro Francesco Sembenini, il maestro Marco Castelletti, il maestro Renzo (Giordano) Bressanelli, il maestro Bruno Girelli, il maestro Sergio Girardi, …

Una storia di attaccamento alle proprie radici

Quest’anno, però, ho pensato di ripercorrere la triste storia del 1848 di Castelnuovo avvalendomi di un contributo molto particolare, che ho ricevuto una quindicina d’anni fa da un concittadino da mezzo secolo trasferitosi in Lombardia per motivi di lavoro.

A quel tempo ero la dirigente dell’Istituto Comprensivo di Castelnuovo e con i miei docenti mi apprestavo alla rievocazione della ricorrenza, e nel contempo all’avvio di una ricerca su Alberto Montini, al quale è intitolata la Scuola Secondaria di primo grado. Fu in quel contesto che ebbi una conversazione telefonica con il sig. Paolo Cavattoni, come dicevo residente da cinquant’anni a Cornate d’Adda, che aveva fissato i suoi ricordi di gioventù su fogli dattiloscritti, quasi un diario da trasmettere alle generazioni future.

Copertina del volume su Alberto Montini pubblicato dell'Istituto Comprensivo "Alberto Montini" di Castelnuovo del Garda

Fu un documento prezioso, dal quale vennero estrapolate molte notizie utili alla redazione del volume su Alberto Montini realizzato qualche anno dopo da alcune classi della scuola.

Il sig. Cavattoni non poté mai incontrare personalmente gli studenti ed i docenti, ma pensò di lasciarmi in custodia parte dei suoi appunti, anche di vita quotidiana, certamente utili per ricostruire ambienti, relazioni, paesaggi sui quali si fonda la nostra storia.

Fra questi anche alcuni appunti sui fatti del 1848, così come gli erano stati tramandati dai suoi insegnanti e dai discendenti delle vittime che aveva personalmente conosciuti negli anni giovanili e dagli studi coltivati nell’età matura.

Con grande emozione ho ritrovato riferimenti, luoghi e aneddoti che qui ripropongo attraverso le sue parole, sentendomi quasi investita del dovere morale di farle conoscere.

Un racconto storico appassionato

Scrive il Cavattoni:

… ”L’11 aprile 1848 il paese di Castelnuovo, nel veronese, aveva dovuto subire da parte delle truppe austriache gli orrori di una barbara carneficina, il saccheggio, gli stupri e la quasi totale distruzione delle sue case. Di queste tragiche vicende, si era parlato e scritto molto, allora e nei tempi successivi, data la gravità del fatto.

Io che lì son nato e vissuto per un trentennio, avevo visto i segnali di quegli orrendi giorni. I ruderi di quel palazzo senza tetto, al cui interno crescevano grosse piante, li vedevo sempre mentre, da scolaro, salendo dal Pozzetto passavo per via Gianfilippi; il grande affresco raffigurante quella strage che occupava tutta una parete della Chiesa mi era familiare essendo un assiduo chierichetto; e poi le notizie delle cannonate sparate dalla Croce papale contro la Torre ed il portale della chiesa, le targhe ricordo, le lapidi commemorative, le celebrazioni nelle ricorrenze, i racconti dei vecchi ...”

Affresco di Gaetano Miolato raffigurante la Strage di Castelnuovo presso la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Nascente

… ”Castelnuovo, a quell’epoca, aveva circa 2000 abitanti, 175 case e 15 negozi e offeriva al viandante una piazza di assai comodi alberghi, copiosa di contanti, piena di artieri e di provvigioni, sempre viva e ridente”.

Apparteneva al Quadrilatero, sistema difensivo creato dagli austriaci nel 1815 nel lombardo veneto e basato sulle quattro fortezze di Peschiera, Mantova, Legnago e Verona. Quindi il paese, essendo sull’importante quadrivio che portava a queste località, era sede di truppe stanziali ed in movimento.

Nei giorni precedenti i tragici fatti di Castelnuovo le truppe austriache comandate dal governatore Radetzky, incalzate dall’esercito piemontese, avevano abbandonato la Lombardia e si erano attestate sulla sponda sinistra del Mincio e a Verona.

La sensazione diffusa fra i militari e nella popolazione era che il Radetzky non fosse più all’altezza della situazione e che la guerra si stesse avviando ad un rapido e positivo epilogo.

L’azione dei volontari lombardi

In questo contesto, i volontari dei Corpi Franchi agli ordini del comandante bergamasco Manara, già protagonista dell’insurrezione di Milano decisero di affiancare l’opera delle truppe regolari impegnate nella presa di peschiera con una loro azione per tagliare la ritirata nemica verso il Tirolo.

La mattina del 10 Aprile, 450 volontari guidati dal genovese Noaro, sbarcarono a Cisano, e verso le 19 attaccarono alla baionetta la polveriera che forniva le munizioni a Peschiera e imbarcarono oltre 500 barili di polvere.

Passava di lì, dopo aver celebrato la Messa ai Ronchi, presso la famiglia Bazzoli un vecchio prete, don Giobatta Testa, collaboratore del parroco don Perlato; un asburgico di guardia portò a Verona la notizia dell’assalto dei volontari, guidati da un vecchio prete

Con l’arrivo delle truppe austriache in paese, il giorno dopo, il secondo cooperatore don Antonio Oliosi, fu scambiato per il Testa, brutalmente catturato, seviziato e finì per morire di stenti mentre veniva deportato verso Vienna.

Frattanto il Noaro occupava Castelnuovo con 200 volontari, mentre il Manara mandava altri volontari in attesa dell’arrivo, creduto imminente, dell’esercito piemontese. Qui furono costruite delle solide barricate nei punti strategici.

Rappresaglia d’inaudita ferocia

Ma il sentore del pericolo era nell’aria e la maggior parte della popolazione si era data alla fuga; anche gli amministratori comunali avevano lasciato il paese nel momento del bisogno.

Il maresciallo Radetzky, informato dei fatti, inviò dalla città una colonna di 2500 soldati al comando del principe Taxis, allo scopo di cacciare gli invasori e punire il paese i cui terrazzani si erano prestati alla costruzione di barricate e i ministri della chiesa che fanatizzavano le popolazioni.

Il feldmaresciallo Josef Radetzky (1766 - 1858)

Alle 2 del pomeriggio dell11aprile, le sentinelle appostate sull’altura della Croce Papale davano l’allarme.

La grossa campana a martello annunciava il pericolo incombente suonando a distesa, i patrioti cercarono di imbracciare i fucili per organizzare una difesa. Nel parapiglia generale, molti paesani fuggivano, alcune donne si rifugiavano in chiesa, altri si barricavano nelle case.

Le alture della Croce Papale vennero occupate e da lì, con l’intervento dell’artiglieria e la pioggia di razzi incendiari, ebbe inizio la distruzione del paese.

Una colonna austriaca assalì l’abitato e altre due vi penetrarono. Le truppe asburgiche erano ben armate, disciplinate, esperte di battaglie mentre i 400 patrioti senza cavalli, senza cannoni, inesperti, inetti alle fatiche soccombono facilmente.

Dopo la loro ritirata verso Colà, il paese è in preda alle fiamme e alla furia degli asburgici: delle 175 case solo 32 si salvarono, i morti furono 113 di cui 56 paesani.

Barbarie, violenza, saccheggio, distruzione

Nella vicina casa del farmacista Lorenzo Cavattoni, si erano rifugiati una quindicina di persone, fra le quali il marchese Filippo Gianfilippi. Barbara fu la strage dei rifugiati, compreso lo stesso farmacisti.

La furia delle truppe asburgiche non risparmiò neppure i luoghi di culto: la chiesa fu dissacrata, spogliata di ogni ricchezza e reliquia, commessi tutti i peggiori atti sacrileghi, devastati la sagrestia, l’oratorio e incendiata la casa parrocchiale.

Castelnuovo era un ammasso di macerie e corpi di adulti e fanciulli: il 22 aprile, fu istituita un’apposita Commissione provvisoria per le operazioni di bonifica sanitaria.

Da molte parti d’Italia, ma soprattutto dalla Lombardia, pervennero aiuti in denaro e arredi sacri.

L’8 maggio lo stesso Carlo Alberto volle far visita a quello che rimaneva del florido paese e fece dono personale al Parroco di 20 pezzi da 20 franchi.

Anche se col passare del tempo la tragicità di questi avvenimenti si affievolì com’è nella natura delle cose, Castelnuovo sentì sempre vivo il ricordo civico e morale del ricordo.

Nelle ricorrenze del cinquantenario, del sessantesimo e del centenario vi furono manifestazioni solenni e grandiose. A me fa ancor oggi un forte effetto sentire nomi come ing. Angelini, cav. Badini, don Piazzi, Piazza della Strage, piazza del Rogo, Asilo infantile 11 aprile1848, costato 4000 lire, dove ho passato il primo pezzetto della mia vita.

Anche le manifestazioni del primo centenario mi sono ancora vive nel ricordo, ma penso che la contentezza di quei due giorni di festa fosse dovuto al fatto che eravamo appena usciti dall’incubo di una guerra terribile, scatenata dai discendenti dei distruttori di Castelnuovo.”

Paolo Cavattoni - Cornate d’Adda, Milano - Novembre 2005

Sono grata al Sig. Paolo Cavattoni per avermi ritenuta degna di essere custode dei suoi appunti, ed avrò il piacere di condividere con i lettori altre testimonianze e ricordi, nella consapevolezza che solo attraverso il ricordo e la lezione della storia potremo essere costruttori di un futuro migliore.

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